Come gestire una relazione problematica con colleghi o membri del tuo team?

Hai mai avuto a che fare con un collega irascibile che esplode per un nonnulla? Oppure con qualcuno che sembra emotivamente distaccato, quasi freddo e neutrale? O ancora, con una persona ipersensibile, che prende ogni parola come un attacco personale? Se lavori in team, è probabile che tu abbia incontrato almeno uno di questi profili. …

Hai mai avuto a che fare con un collega irascibile che esplode per un nonnulla? Oppure con qualcuno che sembra emotivamente distaccato, quasi freddo e neutrale? O ancora, con una persona ipersensibile, che prende ogni parola come un attacco personale? Se lavori in team, è probabile che tu abbia incontrato almeno uno di questi profili. E qui nasce una domanda fondamentale: come possiamo gestire queste dinamiche senza compromettere il nostro benessere e la produttività del gruppo?

La chiave sta nella consapevolezza: sapere con chi stai parlando, scegliere le parole giuste e adattare la comunicazione alla situazione. E, soprattutto, far rispettare i ruoli in modo chiaro ed efficace. Vediamo come fare.

Un collega irascibile può trasformare una semplice discussione in un campo di battaglia. Quando qualcuno esplode facilmente, il primo errore che possiamo fare è rispondere con la stessa energia. L’ira genera altra ira e la situazione può rapidamente degenerare. Per evitare questo, è essenziale non prendere tutto sul personale: spesso l’irritabilità deriva da stress, insoddisfazione o problemi personali. Ricorda che non è sempre diretto a te. Mantenere la calma è la strategia più efficace: il tono della tua voce deve essere stabile e controllato, perché aiuta a non alimentare il conflitto. Mostrare empatia senza perdere fermezza può essere utile per disinnescare la tensione. Una frase come “Capisco che sei frustrato, ma troviamo una soluzione insieme” può cambiare il tono della conversazione. Inoltre, scegliere il momento giusto per affrontare la discussione è fondamentale: se l’altra persona è troppo agitata, rimanda il confronto a un momento più opportuno.

D’altra parte, ci sono persone con un atteggiamento neutrale, che possono sembrare indifferenti o poco partecipativi. Ma attenzione: non sempre si tratta di disinteresse. Alcuni hanno semplicemente un modo di comunicare meno espressivo o preferiscono mantenere le distanze emotive. In questi casi, è importante rispettare il loro spazio e non forzare la loro partecipazione. Porre domande aperte può stimolare una risposta più articolata, ad esempio invece di chiedere “Sei d’accordo?”, prova con “Tu come affronteresti questa situazione?”. Osservare il linguaggio del corpo può rivelare molto: anche se parlano poco, possono comunicare attraverso gesti e atteggiamenti. Inoltre, dare valore al loro contributo riconoscendo il loro punto di vista, anche se espresso con meno enfasi, li aiuta a sentirsi inclusi e valorizzati.

Diversamente, un collega o un membro del team ipersensibile può percepire anche un’osservazione costruttiva come una critica devastante. Il rischio è quello di sentirsi costretti a camminare sulle uova per non ferire i suoi sentimenti. Una strategia efficace è usare il metodo sandwich: quando devi dare un feedback, incornicialo tra due elementi positivi. Ad esempio: “Hai fatto un ottimo lavoro su questo punto, una cosa che potremmo migliorare è X, ma nel complesso il tuo impegno è evidente”. Inoltre, evitare toni bruschi o affermazioni generiche aiuta a rendere il messaggio più digeribile. Meglio dire “Possiamo migliorare questa parte?” piuttosto che “Hai sbagliato tutto”. Rassicurare senza perdere autorevolezza è essenziale: mostrare comprensione è importante, ma senza esagerare, perché altrimenti si rischia di perdere efficacia nella comunicazione. Aiutare una persona ipersensibile a sviluppare resilienza è un dono che può migliorare l’intera dinamica del gruppo.

La comunicazione efficace non dipende solo da cosa dici, ma anche a chi lo dici, dove lo dici e quando lo dici. Se parli con il tuo capo, il tono sarà diverso rispetto a un collega o un collaboratore. Una critica in privato è accettabile, ma farla davanti a tutti può creare imbarazzo e tensioni. Una riunione formale richiede un linguaggio più strutturato, mentre una pausa caffè permette un tono più informale. E soprattutto, ogni comunicazione dovrebbe essere orientata all’obiettivo che vuoi raggiungere: vuoi convincere, informare, motivare? Ogni scopo richiede un approccio diverso. Un buon comunicatore è come un attore che sa adattare la sua performance alla scena in cui si trova. Esercitarsi nella flessibilità comunicativa è una skill essenziale per chi lavora in team.

Un altro aspetto critico nelle relazioni professionali è il rispetto dei ruoli. In un team, ognuno ha responsabilità diverse e non sempre è facile mantenere i confini. C’è chi tende a sovrastare gli altri e chi, al contrario, fatica a farsi rispettare. Per trovare un equilibrio, è essenziale essere chiari nelle aspettative: quando ognuno sa qual è il suo compito, ci sono meno possibilità di sovrapposizioni o incomprensioni. Evitare di imporre ma piuttosto coinvolgere aiuta a creare un ambiente di lavoro più collaborativo: invece di dire “Devi fare così”, prova con “Come possiamo gestire meglio questa parte?” per stimolare il confronto. Dare il buon esempio è fondamentale: se vuoi rispetto, devi essere il primo a rispettare gli altri. E se qualcuno non rispetta i ruoli, affrontare la questione con calma e chiarezza è sempre meglio che lasciare che la frustrazione si accumuli.

Gestire le relazioni professionali non è una scienza esatta, ma un’abilità che si può sviluppare. Imparare a interagire con persone irascibili, neutrali o ipersensibili richiede pratica, osservazione e la capacità di adattare il proprio stile comunicativo alle situazioni. La prossima volta che ti trovi in una situazione difficile con un collega o un membro del tuo team, fermati un attimo e chiediti: Sto reagendo nel modo più efficace? Un piccolo cambiamento nel tuo approccio può fare una grande differenza nel clima lavorativo e nel successo del team.

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